Viaggio cinefilo tra passato e presente: il Cinema Ritrovato 2019

Viaggio cinefilo tra passato e presente: il Cinema Ritrovato 2019

luglio 16, 2019 0 Di Andrea Pedrazzi

“Il cinema più bello del mondo”. Con queste parole il direttore della Cineteca di Bologna Gianluca Farinelli definisce costantemente la sala cinematografica che ogni estate si anima nel centro cittadino, delimitata dal Palazzo del Podestà, la storica sede municipale di Palazzo D’Accursio e l’imponente basilica di San Petronio. Un luogo che a cadenza annuale si trasforma in un tempio in cui con religiosa sacralità si consuma un’ode al Cinema, un rito in cui capolavori vicini e lontani nel tempo incontrano il pubblico di oggi rispolverando il fascino della visione collettiva.
Proprio la sala situata in Piazza Maggiore costituisce il maggior polo d’attrazione di quello che orami da anni si impone a livello internazionale come il festival cinefilo per eccellenza: Il Cinema Ritrovato.


Giunto quest’anno alla sua trentatreesima edizione, l’evento organizzato dalla Cineteca in sinergia con L’Ente Mostra Internazionale del Cinema Libero, conferma il proprio processo di espansione e la crescita del proprio richiamo su pubblici provenienti da vari paesi europei e non solo.
Il suo posizionamento nel cuore di giugno lo rende una meta di fortissimo richiamo per il turismo di inizio estate, un fatto che viene confermato dall’aumento incessante del numero di frequentatori che accompagna le recenti edizioni. La capacità di coniugare il cinema del passato a quello del presente, all’interno di un contesto artistico come quello che ammanta il centro storico di Bologna, si è rivelata una linea editoriale vincente per il festival. Oltre al meraviglioso scenario della piazza, l’evento abbraccia diversi luoghi sparsi per il territorio urbano, come le storiche sale “Arlecchino” e “Jolly”, il cinema “Lumière” gestito dalla stessa Cineteca e il cantiere del “Modernissimo”, sala situata nel circuito sotterraneo che attraversa il centro della città ed attualmente in fase di restauro.
Un altro elemento di rilievo è certamente rappresentato dai grandissimi personaggi che hanno calcato il palco delle sale del festival: dagli italiani Marco Bellocchio, Cecilia Mangini e Alba Rorwacher sino alle stelle internazionali. Tra queste spiccano il danese Nicholas Winding Refn, presente per introdurre la proiezione della personalissima copia in pellicola 35 mm del suo capolavoro Drive, Jane Campion, cui è spettato l’onore di chiudere la rassegna con la proiezione di suo Lezioni di piano, passando attraverso l’evento principale dell’edizione appena trascorsa, l’appuntamento cardine, costituito dalla nuova versione del leggendario Apocalypse Now che, complice la presenza del regista Francis Ford Coppola, ha radunato tra le mura di Piazza Maggiore una folla incontenibile che ha sfiorato le 10.000 presenze.
Ma oltre agli elementi più sfarzosi non si deve dimenticare la base su cui poggia il festival, appunto la riscoperta dei tesori perduti del patrimonio cinematografico mondiale, che quest’anno si sono dipanati dal cinema della Germania dell’Ovest al neorealismo egiziano di Youssef Chahine, dall’epoca d’oro della cinematografia sudcoreana alle opere principali della filmografia africana che hanno definito il canone del Fespaco. Tutto questo senza dimenticare i restauri dei grandi classici tra cui ricordiamo i film di Henry King, i grandi noir di Felix E. Feist ed i tributi ai divi di riferimento di questa annata, Jean Gabin e Musidora.
Un programma come sempre sontuoso e ricchissimo, con una serie innumerevole di titoli in grado intercettare i più disparati gusti spettatoriali. Una formula consolidata che pone la città di Bologna in una posizione di prima linea per il turismo culturale estivo, grazie alla vincente proposta che comprende una solida ed ampia offerta allestita su uno sfondo che trasuda arte e bellezza. Un accostamento che avvolge le persone che si recano in città in questo periodo, il quale ha sempre più il sapore di un affascinante e nostalgico tuffo nel passato che coinvolge ogni anfratto di Bologna.

 

Andrea Pedrazzi