L’OPERA, IL CINEMA E LA STORIA DEL PIANOFERTE CHE VOLLE ESSERE RITROVATO

L’OPERA, IL CINEMA E LA STORIA DEL PIANOFERTE CHE VOLLE ESSERE RITROVATO

marzo 6, 2021 0 Di Cinema in viaggio

Sin dagli albori del cinema muto, l’opera lirica ha sempre esercitato un grande fascino sulla settima arte.

La spettacolarizzazione dei gesti e dei costumi unita all’utilizzo dell’orchestra, ben si confacevano alle esigenze del muto e dei suoi tentativi di dissociarsi dal cinema delle origini, fatto di lanterne magiche e trucchi, con la conseguenza che la trasposizione cinematografica delle opere liriche divenne un mezzo per legittimare il cinema.

Questo fascino però continuò ad ammaliare una forma d’arte ormai consolidata, anche con l’avvento del sonoro; molti artisti infatti, come Carmine Gallone, ritenevano che l’opera fosse il genere che meglio si adattasse al sonoro soprattutto in Italia, patria del melodramma.

Registi come Carmine Garrone, Mario Costa, Camillo Mastrocinque e Clemente Fracassi furono molto prolifici in questo genere tra gli anni ’40 e ’50, portando sullo schermo opere come Il Barbiere di Siviglia, Rigoletto, Pagliacci o l’Aida, dirigendo dive come Gina Lollobrigida (Pagliacci, Mario Costa, 1948) e Sophia Loren (Aida, Clemente Fracassi, 1953).

L’opera al cinema fu ripresa anche negli anni’70 con Il flauto magico di Ingmar Bergman (1975) e il Don Giovanni di Joseph Losey (1979), continuando negli anni successivi fino ai giorni nostri, dove vengono riproposti al cinema, le dirette con le grandi compagnie teatrali che mettono in scena le opere liriche più famose. Possiamo pertanto citare la Metropolitan Opera di New YorkM che nel 2017 portò in scena la Norma di Vincenzo Bellini, oppure il Teatro la Scala di Milano che nel 2018 inaugurò la stagione sforzesca con Attila di Giuseppe Verdi; ma anche l’Opera di Parigi, che nel 2019 portò a teatro La Traviata di Giuseppe Verdi ed infine la Royal Opera House, che nella stagione 2019-2020 portò in scena opere liriche famose come la Bohème di Giacomo Puccini e il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart.

Il regista più prolifico e forse affascinato dall’opera, così come dal teatro, fu senz’altro Franco Zeffirelli.

 

Il regista, scenografo e sceneggiatore toscano diresse molti film basati sia su opere liriche come la Bohème (1965) e la Tosca (1985) entrambe di Giacomo Puccini, che su figure di spicco dell’opera lirica come Il giovane Toscanini (1988) incentrato sulla giovinezza del direttore d’orchestra Artuto Toscanini, e Callas Forever (2002), rivisitazione degli ultimi tre mesi di vita della famosissima soprano Maria Callas. Il 1982 però fu l’anno più prolifico, Zeffirelli diresse infatti ben tre film ispirati alla lirica italiana: La Traviata di Giuseppe Verdi, Cavalleria Rustica di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, e proprio su quest’ultima opera la nostra redazione ha un curioso aneddoto da raccontarvi.

A fine estate 2020 Cinema in viaggio si è recato a Potenza dove, tra i tanti luoghi, ha visitato il Teatro Francesco Stabile, teatro d’opera costruito nel 1856 ad immagine e somiglianza del teatro San Carlo di Napoli.

Durante la visita al teatro Luigi D’Angelo, direttore del Teatro Stabile fino ad ottobre 2020, ci ha raccontato la storia di un antico pianoforte custodito in una stanza adiacente alla Sala degli Specchi e di come questo strumento fosse fortemente legato alla figura di Ruggero Leoncavallo, compositore di Pagliacci.

Arrivato quattro prima al Teatro Stabile, il direttore trovò un antico pianoforte nella sua stanza e, quasi come fosse stato richiamato dallo strumento stesso, si avvicinò e lo aprì, trovandoci una pubblicità della ditta che lo aveva fornito e un codice marchiato a fuoco. Spinto dalla curiosità, il direttore iniziò un’estenuante ricerca su internet,  arrivando a contattare addirittura la ditta produttrice del pianoforte, la Franz Sailer, che rivelò che il pianoforte risaliva ad un periodo compreso tra il 1850 e fine Ottocento, corrispondente agli anni in cui Ruggero Leoncavallo sostò a Potenza.

Ma la storia non finisce qui. Intercettando una conversazione in teatro tra il signor Pietro De Angelis, uomo attivo nella vita sociale e turistica potentina, ed una giornalista napoletana discendente di Leoncavallo, riguardo una leggenda su un pianoforte del teatro su cui Leoncavallo aveva composto la maggior parte delle sue opere tra cui Pagliacci, il direttore richiamò la loro attenzione e, tra lo stupore generale, mostrò loro il pianoforte che la famiglia della giornalista cercava da anni.

Il signor De Angelis raccontò di essere in possesso di una lettera intercorsa tra il dottor Pica, presidente di Casino Lucano (società privata che gestiva il teatro coi soldi dei cittadini), e Ruggero Leoncavallo, dove il presidente invitava il maestro a tornare a Potenza per assistere alla messa in scena della sua opera La reginetta delle rose e gli confermava che in teatro “conserviamo il pianoforte su cui Lei ha composto magistralmente le Sue opere”.

Ma quali furono i motivi per cui Leoncavallo venne a Potenza? Probabilmente venne richiamato dal padre che viveva e lavorava nel capoluogo lucano presso gli uffici governativi, scontento della vita dissoluta del figlio a Bologna. Qui l’artista fece il servizio militare per alcuni mesi e, come viene raccontato in una lettera, insegnò dapprima musica ai ragazzi del luogo e poi compose le sue opere.

Molti biografi di Leoncavallo hanno confermato la veridicità della storia e conseguentemente il comune, per ridare vita al teatro e alla storia del pianoforte, sta pensando di creare un evento annuale in memoria dell’artista.

Per Luigi D’Angelo è come se, quel giorno di quattro anni fa, “il pianoforte volesse essere ritrovato”.

Ivanna Lilla Parco